IL PONTE DELLE SPIE
“Ogni uomo è importante. (James B. Donovan)
Io sono irlandese, lei è tedesco, ma cosa ci rende entrambi americani? Una cosa sola, una, una, una: il manuale delle regole, lo chiamiamo costituzione e ne accettiamo le regole. È questo ci rende americani, solamente questo.
Domanda: pensi di essere preoccupato?
risposta: cambierebbe qualcosa?
"Dimmi che non sei in pericolo, dammi qualcosa a cui aggrapparmi. La verità non mi interessa", Jan Donovan
Il capo non sempre ha ragione, ma è pur sempre il capo
Tratto da “Il ponte delle spie” di Steven Spielberg.
In piena guerra fredda, James Donovan (Tom Hanks), avvocato di Brooklin è chiamato a difendere la spia sovietica, Rudolf Abel, per dimostrare come gli Stati Uniti garantiscano, a qualsiasi imputato, un equo processo. Contro tutti, Donovan riesce a evitare la pena di morte all’imputato sostenendo la tesi che una spia russa morta non serve a niente, ma viva potrebbe divenire merce di scambio. Qualche anno dopo, Donovan riporta in patria Francis Gary Powers, un pilota di un aereo spia U-2, abbattuto al suo primo volo nei cieli sovietici, scambiandolo con Abel.
La guerra commerciale è già diventata una guerra di spie, o forse, quello che sta venendo alla luce è che tutto era già cominciato, anni prima, in silenzio, e, da tempo, gli 007 di americani e cinesi se le davano di santa ragione. Qualcuno la identifica come una nuova guerra fredda. L’obiettivo non è più la supremazia nel campo dei missili, ma i quella del futuro tecnologico del pianeta: l’elaborazione dei dati, il controllo delle reti, tech e intelligenza artificiale. Il terreno di scontro non sono più i territori ma la parte abitata della rete e, come sempre, la ricchezza.
Il primo di dicembre, ma la notizia è stata resa nota solo a fine settimana, Meng Wanzhou, cfo, vicepresidente e figlia del fondatore di Huawei, Hua Zhengfei, è stata arrestata a Vancouver. Gli Stati Uniti hanno richiesto la sua estradizione per sospetto di violazione delle sanzioni commerciali statunitensi contro l'Iran. La reazione cinese, come sempre, non punta ad alzare la voce, fare rumore, ma è allo stesso tempo molto concreta e netta. Il ministero degli Esteri di Pechino ha convocato l’ambasciatore degli Stati Uniti in Cina, Terry Branstad. Le autorità cinesi hanno protestato per l’arresto in Canada della vice presidente di Huawei.
Il senatore repubblicano Ted Cruz non ha dubbi: Huawei, il colosso cinese già boicottato dagli Usa, "è un'agenzia di spionaggio del partito comunista cinese, debolmente mascherata da compagnia telefonica. Le sue reti di sorveglianza si estendono nel mondo e i suoi clienti sono regimi canaglia come Iran, Siria, Corea del Nord e Cuba".
Colui che nel 2016 corse (inutilmente) per la nomination repubblicana, vinta da Donald Trump, giudica l'arresto della direttrice finanziaria del gruppo, Meng Wanzhou "un’opportunità e una sfida....Quello che succederà ora sarà cruciale. Il partito comunista cinese non può rischiare di danneggiare la propria reputazione con la trasparenza assicurata da un processo e farà tutto il possibile per intimidire il governo canadese, in modo che la rimandino in Cina" invece che estradarla in Usa, dove è accusata di violazioni di sanzioni legate all'Iran. "Il Canada, nostro alleato, deve essere forte ed estradarla in Usa, dove farà i conti con quello che la Cina non ha: un sistema giudiziario giusto e imparziale".
Gli investitori da un lato tengono sott’occhio le vicende internazionali, sperando in un intervento di Trump per stemperare la situazione. Dall’altro guardano ai dati macro. La Borsa reagisce con un calo della valuta cinese che perde valore, a 6,89, mentre il rendimento del bond decennale della Cina scende sui minimi dell’ultimo anno e mezzo a 3,25%.
In novembre si è raffreddata l’inflazione in Cina, a +2,2% da +2,5% di ottobre. Anche la crescita dei prezzi alla produzione è stata sotto le attese. Questi dati forniscono spazio di manovra alle autorità monetarie della Cina, dalle quali i mercati aspettano misure di stimolo e sostegno.
Le obbligazioni salgono, quindi il loro rendimento scende, non solo in Cina, ma in tutto il mondo. Il Treasury Note degli Stati Uniti, sulla scadenza dieci anni, tratta a 2,84% di rendimento, minimo degli ultimi quattro mesi. Diverse banche d’affari prendono in considerazione la possibilità di due rialzi dei tassi negli Stati Uniti nel corso del 2019: il consensus, fino a poche settimane fa se ne aspettava almeno tre. Uno ormai certo a dicembre di quest'anno.
Anche sul petrolio dura poco l’effetto del taglio Opec di 1,2 milioni di barili giorno. L'oro si spinge oltre i 1.250 dollari l'oncia, sui massimi da luglio, approfittando delle turbolenze. Venerdì il metallo prezioso ha chiuso la miglior settimana da febbraio con un progresso del 2%.
Da un lato le tensioni internazionali dall’altro quelle sulla crescita globale. La domanda “non è se si è preoccupati o meno”. La risposta è creare un portafoglio più difensivo rispetto al passato. Finora paga la scelta di spostarsi più sui bond e meno sui titoli growth.