INCEPTION
“Nessuna idea è semplice quando devi impiantarla nella mente di un’altra persona. (Dom Cobb)
Come vi faccio cadere senza gravità? (Arthur).
I sogni sembrano reali finché ci siamo dentro, non ti pare? Solo quando ci svegliamo ci rendiamo conto che c’era qualcosa distrano. (Dom Cobb).
Dom Cobb: Qual è il parassita più resistente? Un batterio?
Un virus? Una tenia intestinale? [si rivolge a Mr. Saito]
Arthur: Ehm... Quello che il signor Cobb vuole dire è che... Dom Cobb: Un’idea. Resistente, altamente contagiosa. Una volta che un’idea si è impossessata del cervello è quasi impossibile sradicarla. Un’idea pienamente formata, pienamente compresa si avvinghia, qui da qualche parte.
Tratto da “Inception” di Christopher Edward Nolan.
Dom Cobb è un abilissimo ladro, il migliore nella pericolosa arte dell’estrazione di segreti dal profondo del subconscio durante la fase di sonno REM. La rara abilità di Cobb lo ha reso una delle figure chiave dello spionaggio internazionale, costringendolo a diventare un fuggitivo, rinunciando a tutto ciò che abbia mai amato. Adesso a Cobb viene offerta una possibilità di redenzione. Un ultimo lavoro lo renderà nuovamente padrone della propria vita, ma solo se riuscirà a compiere un’impresa impossibile. Invece del furto perfetto, Cobb dovrà eseguire un processo chiamato “innesto”: inserire nella mente di Robert Fischer, giovane e ricco erede, l’idea di dividere il suo impero economico alla morte del padre.
Innestare un’idea non è semplice quanto rubarla. Estrarre un segreto non implica toccare l’equilibrio esistente. Innestare un’idea, al contrario, significa stravolgere l’esistente. La difficoltà sta nel ritrovare un nuovo equilibrio capace di dare stabilità al sistema.
Sono in molti, Donald Trump, compreso che pagherebbero oro Dom Cobb se riuscisse, nell’impossibile impresa, di “innestare” nella mente dei membri della Federal Reserve l’idea che i tassi di interesse non sono da alzare. Un’idea semplice capace poi di attecchire perché altamente contagiosa e che, una volta compresa, si avvinghia e si impossessa del cervello. Il problema sarà poi trovare un equilibrio stabile.
Ieri, con il solito twitter al vetriolo, il presidente Trump è tornato ad attaccare la banca centrale Usa: «E’ incredibile che con un dollaro molto forte e con un’inflazione virtualmente inesistente, con il mondo che sta esplodendo intorno a noi, con Parigi che brucia e la Cina che rallenta di molto, la Fed stia anche solo pensando a un altro rialzo dei tassi». Non si tratta solo di parole e politica. Ieri, l’indice Empire State ha segnalato un netto rallentamento della attività manifatturiera nell’area di New York a dicembre. Questo indice è guardato con estrema attenzione perchè si è sempre rivelato anticipatore dell’andamento dell’economia del Paese. Fari puntati sulla riunione della Federal Reserve in agenda oggi e domani. I mercati scommettono sul quarto rialzo dei tassi del 2018 a un range tra 2,25 e 2,5%, ma il focus è sulle previsioni future. Non più tre rialzi il prossimo anno ma, forse, meno.
Tra gli operatori serpeggia un certo pessimismo. I mercati iniziano ad essere stufi di dipendere da movimenti imprevedibili, quasi sempre di origine politica e solo saltuariamente derivanti da risultati aziendali. Se non sono le banche centrali a muovere le Borse sono le dichiarazione dei politici, la cui volatilità è decisamente superiore a quella del Vix. Sul fronte politico le incertezze permangono: trade war, instabilità in Europa in attesa delle elezioni in aprile con l’Italia che rischia il cartellino rosso sulla finanziaria e la Francia alza il deficit per il prossimo anno al 3,4% del Pil.
Ancora, le banche centrali non si muovono più all’unisono con la Bce che taglia le stime di crescita in Europa ed elenca tutte le armi a disposizione dal Qe (che rimane “uno degli strumenti”, Draghi) al Tltro, finanziamenti agevolati alle banche. Mentre la Fed valuta il rialzo dei tassi. Sul fronte macro i dati non sono entusiasmanti. Il prezzo del greggio crolla con la produzione di shale gas Usa che più che compensa il taglio dell’Opec+ (Russia compresa) in un contesto dove cala la domanda. Sullo sfondo aleggiano nuovi timori, in primis la fragilità del mercato dei bond corporate Usa con le obbligazioni tripla B che, in caso di un ulteriore taglio di rating, potrebbero inondare il mondo degli Etf High Yield mettendogli una pressione da 2.200 miliardi di dollari su un mercato da 1.200 miliardi. Tremano tech e finanziari Usa. I primi perché la crescita potrebbe rallentare e i loro multipli apparire eccessivi, i secondi, sui timori di una crisi del debito.
Premesso che con i nostri portafogli non siamo mai nel mondo delle idee e dei sogni, un concetto molto semplice è che anche in casi di ribasso c’è sempre qualcosa, oro, bond, utility, che resiste meglio agli scossoni. Certo non si potrà mai “cadere senza gravità “ ma si possono mettere in atto tutte le protezioni del caso, e quelle che funzionano meglio sono quelle che non puntano a invertire il movimento dei mercati (questa è una delle tante idee innestate da abili ladri) ma costruire posizioni neutrali o long-short.