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SCONTRO TRA TITANI

«Zeus: Perseo, non ti ripeterò un'altra volta la mia offerta.
Perseo: Bene perché non vorrei rifiutarla per ben due volte!»

Dialogo tratto da Scontro tra titani, diretto da Louis Leterrier. 
I riflettori dei mercati sono puntati sullo scontro tra due titani: Stati Uniti e Cina. Quando ormai sembrava tutto pronto per trovare un accordo che mettesse la parola «fine» alla guerra commerciale, Donald Trump ha deciso di rimescolare le carte. Come Zeus non vuole ripetere un’altra volta la sua offerta alla controparte. Il presidente americano ha infatti detto che Pechino ha «rotto l'accordo» e «pagherà». Alle parole sono seguiti i fatti: settimana scorsa le tariffe su 200 miliardi di dollari di importazioni made in China sono aumentate dal 10 al 25%. Ma il Paese asiatico non vuole stare a guardare ed è pronto ad attuare delle contromisure. La Cina ha fatto sapere, infatti, che dal primo giugno prossimo alzerà al 25% i dazi su 60 miliardi di dollari di prodotti americani, interromperà i maggiori acquisti promessi di beni agricoli ed energetici, e diminuirà gli ordini di velivoli Boeing. Gli Stati Uniti e il presidente rischiano così un boomerang. Il settore agricolo rappresenta una parte fondamentale degli elettori di Donald Trump, già in corsa verso le elezioni del 2020. Mentre, relativamente a Boeing, il contraccolpo è soprattutto economico: la Cina era pronta ad acquistare 100 aerei dal gruppo statunitense per oltre 10 miliardi di dollari, nel tentativo di andare incontro alla richiesta degli Usa di ridurre il deficit commerciale tra le due superpotenze.

Questo riaccendersi del conflitto ha gettato forte agitazione sui mercati, tuttavia esistono ancora margini di trattiva. Il ministero del Commercio cinese, se da un lato ha confermato la necessità delle contromisure, dall’altro ha auspicato spirito di collaborazione per trovare una soluzione alle divergenze. Verso la fine del mese prossimo, inoltre, in occasione del G20 che si terrà in Giappone, Donald Trump dovrebbe avere un incontro diretto con il presidente cinese Xi Jinping.

Ma nel frattempo lo scontro tra titani prosegue, e tra le vittime potrebbe esserci l’Ue, in cui l’export riveste un ruolo importante. Sebbene nelle stime della Commissione europea l’economia del Continente nel 2019 è vista in crescita con una media dell’1,4%, l’acuirsi della guerra commerciale è un elemento di forte preoccupazione per Bruxelles. Un altro fattore di debolezza viene considerato l’andamento del settore auto.
All’interno di questo scenario l’Italia si conferma fanalino di coda per il 2019, con il suo Pil previsto in aumento dello 0,1%, seguita dalla Germania (+0,5%). Sul fronte dei Piani di risparmio individuale, nel Belpaese è arrivato il tanto atteso decreto attuativo. Cosa cambia? I Pir costituiti a partire dal primo gennaio, per beneficiare del regime fiscale agevolato, devono investire il 3,5% della raccolta totale in società non quotate o presenti sull’AIM, e un altro 3,5% in Venture capital. Ma da Bankitalia sono stati espressi alcuni dubbi. Secondo l’istituto le nuove regole «aumentano il profilo di rischio dei Pir, strumenti di risparmio rivolti alle famiglie e possono rendere più difficile il rispetto dei requisiti prudenziali di diversificazione e di liquidità previsti per i fondi Pir esistenti».

Novità arrivano anche dal Regno Unito, e agitano Bruxelles. Il Paese dovrà infatti partecipare alle elezioni europee a causa del rinvio della Brexit e, secondo gli ultimi sondaggi, il nuovo partito euroscettico (Brexit Party) di Nigel Farage, che con lo Ukip aveva fatto campagna a favore del Leave, è pronto a fare il pieno di consensi (34%). Crescono tuttavia anche gli europeisti LibDem e sorpassano i Conservatori, rispettivamente al 12% e 11%. I Labouristi sono invece dati al secondo posto (21%).

Passando al Medioriente, i riflettori si spostano sull’Iran che si sta scontrando con un titano. Parliamo sempre degli Usa che, settimana scorsa, hanno approvato nuove sanzioni su ferro, acciaio, alluminio e rame. E la tensione – probabilmente – è destinata ad aumentare, perché Teheran sarebbe anche sospettata di essere dietro il sabotaggio di due petroliere dell’Arabia Saudita. Quando si è diffusa la notizia ieri, il prezzo dell’oro nero è immediatamente aumentato.

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