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SERGIO MARCHIONNE

“Io in politica? Scherziamo? Faccio il metalmeccanico, produco auto, camion e trattori. Io non sono nato in una casta privilegiata, mi ricordo da dove vengo, so perfettamente che mio padre era un maresciallo dei carabinieri”.

Noi saremo sempre come la musica, improvviseremo, saremo agili, aperti al dibattito, umili, ma impavidi e non ci sarà mai posto per la mediocrità”.

Quando ho iniziato l’università, in Canada, ho scelto filosofia. L’ho fatto semplicemente perché sentivo che, in quel momento, era una cosa importante per me. Poi ho continuato studiando tutt’altro e ho fatto prima il commercialista, poi l’avvocato. Non so se la filosofia mi abbia reso un avvocato migliore o mi renda un amministratore delegato migliore. Ma mi ha aperto gli occhi, ha aperto la mia mente ad altro».

Mi ricordo i primi 60 giorni: giravo tutti gli stabilimenti e poi, quando tornavo a Torino, il sabato e la domenica andavo a Mirafiori, senza nessuno, per vedere le docce, gli spogliatoi, la mensa, i cessi. Ho cambiato tutto: come faccio a chiedere un prodotto di qualità agli operai e farli vivere in uno stabilimento così degradato?

Non esiste ancora un Film su Sergio Marchionne, ma ci sarà e, probabilmente, con queste citazioni.

Una società sull’orlo del fallimento, indagini della Consob sul convertendo, la guerra con le banche, aumenti di capitale monstre, un’industria che perde solo soldi, tutta da rifare, piccola, poco internazionale pronta ad essere divorata  dai concorrenti e un manager semisconosciuto. Provate per un attimo a pensare cosa ha attraversato Sergio Marchionne. Prendete la capitalizzazione di Fiat, il giorno in cui è arrivato il manager italo-canadese, che si era fatto le ossa in Svizzera, adesso confrontatela con quella di Fca oggi, sommate la capitalizzazione di Ferrari e Cnh Industrial. Solo così è possibile capire il miracolo Marchionne. Ha sestuplicato il valore del gruppo, ma soprattutto ha evitato il fallimento, e ne ha fatto del gruppo, uno dei leader del settore auto.

Prima il divorzio con Gm, “quando ti alzi da un tavolo anche se sei arrabbioato nero devi farlo con calma, lasciar capire che potresti tornare a trattare”. Un giocatore di poker , scrissero di lui, perchè si portò a casa  2 miliardi di dollari.  Poi la guerra con le banche, sul convertendo. I rumor, cui pochissimi erano a conoscenza, dicevano che Lehman Brothers aveva sottoposto a Intesa, Unicredit e Mps, la possibilità di diventare primi azionisti del Lingotto e sfilarlo agli Agnelli, obbligandoli ad andarsene oppure, per tenere il controllo, costringerli a lanciare un’Opa. Exor studiò una mossa da maestri per lasciare la proprietà in mano alla famiglia accumulando opzioni e dribblare l’obbligo d’opa. Seguì tanto di indagine della Consob con sentenze di tribunale. Risultato? Quella fu l’ultima volta in cui le opzioni non vennero più calcolate nel conteggio per l’Opa.

Poi Marchionne dovette affrontare la crisi del debito, scoppiata proprio con il fallimento di Lehman Brothers. Il mercato guardava solo alla posizione finanziaria e quella di Fca era molto stressata, con le agenzie di rating che avevano giudizio junk.  Sul mercato,  comprare a rate una Golf costava meno di una Punto...Sistemate le banche e Gm, finalmente il focus si diresse sul fronte industriale. Con il colpaccio, ancora incredibile a credersi, della conquista di Chrysler e il suo rilancio. 

Ricordo bene le prime conferenze di Marchionne, aveva bisogno di diverse pause, allora era un accanito fumatore. Nonostante fosse poco conosciuto, ripeteva senza timore agli analisti, che capivano molto poco di auto e che a breve avrebbero riviste al rialzo le stime. Succedeva sempre così.

Di lui si diceva  che non avrebbe mai sfornato un modello vincente  solo,  era bravo in finanza, a scorporare società per far emergere valore. Eppure quel valore c’era, eccome. E oggi, la sua stradegia appare chiara, chiarissima. Non voleva lanciare duemila modelli, al contrario, voleva ridurne il numero per aumentare la qualità e i margini. Meno auto ma più care “Perchè – diceva – la classe media sta sparendo”. Erano tutti convinti che volesse esportare la 500 in Usa, ha esportato la Jeep nel mondo, da 300mila modelli venduti a 2milioni quest’anno, sfiorando i 2,1 di Bmw. Obiettivo 2020, 2,8 milioni di Jeep. Il nuovo a.d. lo supererà.

Ancora gli investitori sono convinti che l’obiettivo di Marchionne era vendere il gruppo. I numeri oggi dicono altro. Con una posizione finanziaria netta a fine anno attesa positiva per 4 miliardi di euro,  Fca da preda diventa predatore. Potremmo continuare a raccontare molto, del suo modo di non essere convenzionale e allo stesso tempo vincente, ma trovate tutto sui giornali.

Ora allarghiamo lo sguardo. Guardiamo i mercati questa settimana. Dazi , guerre commerciali, tensioni geopolitiche, caro greggio e probabile rialzo dei tassi. Marchionne ha visto molto peggio, ed è andato oltre. Come? Noi saremo sempre come la musica, improvviseremo, saremo agili, aperti al dibattito, umili, ma impavidi e non ci sarà mai posto per la mediocrità”

Troppo spesso, in Borsa si sottovalutano i manager per scoprirli solo alla fine del loro mandato. Le società sono sempre più dipendenti dal fattore umano. Mentre la maggior parte dei gestori si chiede dove andrà il mondo, la domanda da porsi è chi è quel manager, che in qualsiasi contesto ha i numeri per affrontare situazioni difficili, portare la sua società oltre gli ostacoli? Quali sono i gruppi più liquidi capaci di modificare in fretta le loro strategie, adattarsi meglio all’ambiente e cogliere prima di altre le opportunità.

Grazie Sergio.

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