THE GREAT WALL
Comandante Lin: «Xin ren significa fiducia. Avere fiducia. [...] Xin ren è la nostra bandiera. Fiducia l'uno nell'altro. In tutti i modi e in qualsiasi momento»
Citazione tratta da The Great Wall, film del 2016 di Zhang Yimou.
Ora più che mai l’economia ha bisogno di quella che nel film The Great Wall viene chiamata «xin ren», ovvero la fiducia. Che deve essere, in primis, fiducia nella ripresa post-coronavirus. Ciò non significa che si può abbassare la guardia o che ormai la pandemia è solo alle spalle, ma che, nonostante il virus sia ancora in circolo, il mondo continuerà a reagire con decisione e, quindi, riuscirà a rialzarsi.
A tal proposito una notizia incoraggiante arriva dall'indice Ifo, che misura la fiducia delle imprese tedesche. Infatti, secondo le cifre pubblicate ieri, a maggio il risultato è cresciuto a 79,5 punti contro i 74,3 di aprile. Non è finita qui, perché il dato è anche al di sopra delle attese degli analisti, che indicavano 76,8 punti. Se andiamo a vedere i segmenti specifici, notiamo che peggiora l'indice sulle condizioni attuali, il quale si posiziona a 78,9 punti dai 79,4 precedenti, ma aumenta nettamente quello relativo alle aspettative, che cresce a 80,1 punti contro i 69,4 del mese scorso.
Relativamente al Pil, stando alla seconda lettura dei risultati, nel primo trimestre la locomotiva d’Europa ha registrato una contrazione del 2,2% a livello trimestrale e del 2,3% su base annuale. Il dato è in linea sia alla lettura preliminare sia al consenso degli economisti e conferma la recessione tecnica della Germania. Si tratta della seconda peggior discesa del prodotto interno lordo dalla riunificazione tedesca, dopo la contrazione del 4,7% tra gennaio e aprile del 2009. Ora si guarda al risultato del secondo trimestre, che stando alle indicazioni dell'istituto di statistica federale potrebbe registrare una caduta economica pari a -10%.
L’impatto del coronavirus è netto, per questo i mercati hanno bisogno di ritrovare xin ren nel futuro, che però, a differenza di quanto accade nell’esercito cinese di The Great Wall, non è una dinamica garantita in «tutti i modi e in qualsiasi momento». Servono azioni concrete e progetti che portino ad avere una fondata fiducia sulle prospettive economiche. Ad oggi, tra le principali proposte per rilanciare l’Europa c’è quella franco-tedesca del «Recovery fund» temporaneo e mirato da 500 miliardi di euro. Uno dei pilastri di questo piano risiede nelle modalità di erogazione delle risorse, che verranno date ai Paesi più in crisi sotto forma di trasferimenti e non di prestiti. I soldi saranno trovati dall’Unione europea sul mercato, attraverso dei bond che verranno restituiti «non dai destinatari», come ha precisato Emmanuel Macron, ma dagli Stati membri nel complesso.
L’iniziativa di Francia e Germania sarà sottoposta alla Commissione per essere discussa con gli altri partner Ue; per essere approvata, infatti, serve un voto unanime e poi la ratifica dei Parlamenti. I governi di Austria, Danimarca, Olanda e Svezia hanno criticato il Recovery fund e stanno pensando a una controproposta basata sui mutui.
Passando all’altra sponda dell’oceano Atlantico, si nota una mancanza di fiducia da parte del presidente statunitense, Donald Trump, nei confronti della Federal Reserve. Quest’ultima, di recente, ha detto che non intende introdurre tassi di interesse negativi, una posizione opposta rispetto a quella sollecitata a più riprese dall’inquilino della Casa Bianca che sta tentando di mettere pressione alla banca centrale. La Fed, comunque, è pienamente consapevole del lento ritmo di ripresa dell'economia americana: secondo il suo presidente, Jerome Powell, l’epidemia ha impattato a tal punto da ipotizzare una contrazione del Pil del 20-30% nel secondo trimestre e una ulteriore crescita della disoccupazione al 25%.
E la fiducia scarseggia anche tra Washington e Pechino, con la Cina che è stata più volte accusata dal governo statunitense di essere colpevole della pandemia. A far aumentare ulteriormente le tensioni c’è anche la questione Hong Kong. La Repubblica Popolare vuole infatti approvare una legge che limiterebbe di molto l’autonomia dell’ex colonia britannica, e gli Stati Uniti hanno fatto sapere che probabilmente imporranno sanzioni se tale provvedimento entrerà in vigore. Sulla vicenda è intervenuto Robert O'Brien, consigliere alla sicurezza nazionale di Donald Trump: «È difficile prevedere come Hong Kong possa restare un centro finanziario in Asia se la Cina assume la guida».