THIRTEEN DAYS
«Che tipo di pace cerchiamo?
Sto parlando di una pace vera.
Un tipo di pace che rende la vita sulla terra degna di essere vissuta.
Non solamente la pace nel nostro tempo, ma la pace in tutti i tempi.
I nostri problemi vengono creati dall'uomo,
perciò possono essere risolti dall'uomo.
Perché in ultima analisi,
il legame fondamentale che unisce tutti noi
è che abitiamo tutti su questo piccolo pianeta.
Respiriamo tutti la stessa aria.
Abbiamo tutti a cuore il futuro dei nostri figli.
E siamo tutti solo di passaggio»
Citazione originale di John Fitzgerald Kennedy inserita in Thirteen Days di Roger Donaldson.
La pace (commerciale) sembra vicina. Se in Thirteen Days John F. Kennedy doveva vedersela con l’Unione Sovietica a causa della crisi missilistica di Cuba, il presidente odierno degli Stati Uniti, Donald Trump, deve affrontare la Cina di Xi Jinping. E i missili hanno un nuovo nome: dazi. Forse anche oggi, tra i corridoi della Casa Bianca, si aggira un Kenny O’Donnel, il funzionario interpretato da Kevin Costner che si spende per trovare una soluzione pacifica. Di certo sappiamo che le trattative tra le due superpotenze sono a un passo dal traguardo. Gli Stati Uniti potrebbero infatti ritirare le tariffe imposte su oltre 200 miliardi di dollari di beni cinesi. Con Pechino che, in cambio, abbasserebbe i dazi su molti prodotti Usa nei settori agricolo, chimico e auto; il dragone asiatico sarebbe addirittura disposto ad aumentare sensibilmente le importazioni di gas americano. Una firma formale dell’accordo potrebbe già arrivare durante un summit il 27 marzo, ma fino ad allora meglio non dare per scontato nulla, anche perché Trump ci ha regalato molti colpi di scena durante la sua presidenza. Chissà se Usa e Cina hanno davvero capito che «abitiamo tutti su questo piccolo pianeta».
L’ottimismo circa la guerra commerciale ha comunque spinto al rialzo i listini asiatici: lunedì Shanghai ha chiuso a +,1,12%, mentre Tokio a +1,06%. Ma la fiducia si è riversata anche sul greggio e il prezzo dell’oro nero è tornato a salire. Sull’aumento hanno influito anche le minori estrazioni dei Paesi Opec e il taglio involontario della produzione venezuelana (la tensione nella nazione sudamericana rimane altissima). Secondo gli analisti di Fitch Solutions, il Brent dovrebbe arrivare a 73 dollari al barile nel 2019.
Oltre alle trattative tra Washington e Pechino, gli investitori hanno gli occhi puntati sul Congresso del Partito Comunista cinese, che si apre in questi giorni. Nel corso dell’evento verranno annunciati gli obiettivi di crescita del Pil per il 2019 (le previsioni parlano di +6%), nonché il piano economico e sociale con possibili stimoli e investimenti in infrastrutture.
Tornando agli States, c’è una questione interna da non sottovalutare. Non sembra esserci pace tra Casa Bianca e Federal Reserve, con Trump che è tornato ad attaccare il presidente dell’istituto centrale Jerome Powell: «Abbiamo alla Fed un signore a cui piace un dollaro molto forte. Io voglio un dollaro forte ma non così forte che ci renda proibitivo trattare con altre nazioni». In sostanza il presidente americano teme che un valore troppo elevato della moneta possa danneggiare l’export, andando così ad aumentare gli squilibri commerciali tanto temuti dal tycoon.
Troverà pace l’Europa? I nodi da sciogliere sono molti, a partire dalla Brexit. Arrivano segnali di speranza per un via libera al nuovo piano che la premier Theresa May si è impegnata a sottoporre al Parlamento britannico entro il 12 marzo. Alcuni falchi ribelli della sua maggioranza hanno infatti dichiarato di essere disposti a un compromesso. Ma bisogna fare in fretta, perché se non ci fossero progressi a fine mese si rischia l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea senza nessun accordo.
A livello di politica monetaria, nel Vecchio Continente c’è attesa per la riunione della Bce di giovedì, cui seguirà la consueta conferenza stampa del governatore Mario Draghi. La Banca centrale fornirà maggiori indicazioni sulle prossime mosse. E non è esclusa l’ipotesi di mantenere i tassi di interesse a un livello molto basso anche dopo la prossima estate. L’istituto annuncerà inoltre le nuove stime economiche, con un possibile taglio delle previsioni di crescita nell'Eurozona. Ma sotto la lente d’ingrandimento dei mercati ci saranno anche le dichiarazioni relative al Tltro, contorto acronimo che indica le aste per fornire liquidità a basso prezzo alle banche, al fine di sostenere i consumi e gli investimenti delle imprese. Il lancio di un nuovo piano di rifinanziamento è altamente probabile, e gli istituti sono pronti a stappare lo spumante. In particolare le banche italiane, che erano le maggiori beneficiarie del precedente Tltro interrotto nel 2016.
Non solo Bce: gli investitori internazionali, secondo Bloomberg, si concentreranno anche sulle riunioni di politica monetaria della Reserve Bank of Australia e della Bank of Canada. Si apre quindi un periodo di decisioni importanti, con la speranza che i decisori si ricordino che «siamo tutti solo di passaggio».